domenica 9 ottobre 2016

LA ZITELLA




Per zitella si intende una donna che non ha un marito e per questo fatto si porta dietro un carico di acidità, si presume per la disgrazia, il rammarico e il rimpianto di non aver contratto matrimonio e – si sottitende, con malizia e volgarità – soprattutto per la sfortuna di non godere delle gioie del sesso.

Chi usa la definizione zitella acida ha come contesto mentale il retropensiero secondo il quale essere una donna non sposata significa essere una zitella acida. Una donna infelice. Dal che ne deriva, per un passaggio di logica di imbarazzante banalità, che per non essere acida (e quindi, ovviamente, infelice, in quanto l’acidità è il sintomo dell’infelicità), una donna abbia una soluzione vecchia e scontata a propria disposizione: prendere marito. Trovarsi un compagno. La felicità, una donna, se la conquista con il matrimonio. Tutto qui il dramma esistenziale femminile: questo è l’inizio e la fine di ogni obiettivo, progetto, sogno di una donna. 

Zitella acida è un termine che viene dal passato, dal peggio del passato, dal peggio della cultura popolare e tradizionale. Eppure è un termine che contiene in sé, ancora al giorno d’oggi, tutta la sua potenza negativa e funziona da terribile spauracchio per le molte donne single di tutte le età, che appunto, terrorizzate dall’idea di diventare zitelle acide si accontentano del peggio e stanno con un uomo purchè, solo in quanto uomo, solo in quanto partner.

Una zitella acida è la sfigata per antonomasia, colei che rappresenta la vera sfiga per una donna: il fatto di non avere un compagno. Certo, per chi ci crede, per chi compra senza filtrare con il proprio senso critico quanto venduto dal pensiero comune e diffuso.

Identificare, riconoscere e sovvertire le milionate di idee sbagliate che ci circondano significa costruirsi una vita su misura, autentica, davvero felice. E rifiutare di vivere una vita standard, cioè basata su regole e “leggi” del “si dice”, “si deve”, “è meglio”. 

Zitella acida esprime molte idee, tutte sbagliate e ha molti sottintesi tutti sbagliati. Ed è frutto di una cultura manipolatoria, che fa della manipolazione e del manipolare un proprio strumento di controllo.

Quante donne si rovinano la vita nel tentativo di rispecchiare un’idea di realizzazione che non appartiene davvero a loro, per una qualsivoglia ragione? Quante donne hanno scampato il pericolo di vedersi appioppata la definizione di zitella acida, ma si ritrovano, magari senza esserne consapevoli, in condizioni ben più infelici e restrittive rispetto all’inferno immaginario che credono di aver evitato, dato che vivono in un inferno reale, che però non è tale per l’idea comune?

Lasciamo perdere per un momento la zitella acida, inacidita perché sola e senza sesso. E parliamo di categorie umane “impressionanti” alle quali so che in molti non vorrebbero appartenere. 

Come definire le tante coppie in cui, invece, l’aggressività è esplicita e si manifesta non in violenza fisica ma nell’ostentata manifestazione di un’insofferenza reciproca continua, fatta di parole, opere e omissioni… perfino “dispetti”. Qual è il livello di “acidità” in questo genere di relazioni? 

Un sondaggio ha messo in luce una realtà abbastanza originale, che stravolge quella che è l'immagine tradizionale della donna italiana. 
Dal sondaggio, condotto su un campione di uomini di età compresa fra i 30 e i 65 anni, emerge che circa il 74% dei mariti intervistati, posto di fronte all'alternativa fra dolce e acida, definisce sua moglie con quest'ultimo aggettivo. 
Il sondaggio non si proponeva obiettivi sociologici, l'intento era quello di dimostrare che errate abitudini alimentari e di vita, possono influenzare negativamente il tono dell'umore e il carattere. Questo però può fornire lo spunto per una riflessione che và al di là delle informazioni fornite dalla ricerca. 
Come mai le donne italiane hanno cattive abitudini alimentari e sono stressate da ritmi giornalieri esasperanti? Forse perchè la nostra società non è abituata a gestire questa nuova figura di donna, che mostra di avere, nel bene e nel male le stesse abitudini degli uomini? 
Come mai si cerca una motivazione dipendente da fattori esterni come il cibo, le abitudini di vita, i malesseri dovuti al ciclo mestruale, ecc., invece di capire cosa c'è dietro questa aggressività a stento contenuta, dietro questo essere acide? 



Se un uomo si comporta da "acido", non lo definiamo come tale, ma diciamo che ha un carattere forte, che non si fa sottomettere da nessuno e spolveriamo in proposito, tutta una serie di luoghi comuni piuttosto laceri dal troppo uso; una donna invece è acida. 
Acida è l'aggettivo con cui si suole designare le zitelle, che ormai si chiamano singles, ma che sono rimaste acide. 
Acida è una donna priva di slanci emotivi, che non riesce a stabilire contatti affettivi perchè corazzata dallo strato di acido, appunto, che vieta a chiunque di avvicinarsi, perchè l'uomo non è "acido"? 
Nella lingua parlata potremmo trovare una serie piuttosto varia e colorita di aggettivi con cui apostrofare un uomo, ma niente che corrisponde ad acido. 
Forse il problema a ben guardare non è il cibo o le abitudini di vita, il problema vero è quello che le donne in genere e le mogli in particolare si trovano quotidianamente ad affrontare problemi di varia natura, che spaziano dalla gestione della casa, ai figli al lavoro e alla carriera, non più retaggio degli uomini. 
Mentre però il ruolo della donna è cresciuto e si è diversificato, quello dell'uomo ha subito una significativa involuzione. Cresciuti all'ombra di famiglie in cui la madre era ancora la regina della casa, i "poveri" uomini italiani hanno sposato donne a cui la casa stava stretta, a cui era difficile dare ordini, forse è questo il motivo per cui solo il 26 % circa dei mariti definisce sua moglie dolce. 
Fa riflettere che nello stesso sondaggio ben il 62% dichiara di essere sposato a una "donna di ferro", mentre solo il 35% ritiene la propria compagna una donna tenera e disponibile, dovremo smettere di mangiare per diventare quelle eteree creature che i nostri compagni si ostinano a desiderare, o dovremo semplicemente rinunciare alle conquiste fatte negli ultimi trent'anni? 



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